Onlus e volontariato oggi
Nella società contemporanea le onlus, le organizzazioni senza scopo di lucro, rappresentano una realtà sempre più consistente e importante. Da un lato aumenta la richiesta di servizi di carattere sociale da parte dei cittadini e dall’altro lo Stato, stretto in una situazione di grande indebitamento, fatica sempre più a garantirli. Di qui l’importanza dell’opera svolta in Italia da centinaia di migliaia di volontari nei più svariati settori del sociale: dall’assistenza agli anziani a quella sanitaria e di primo soccorso, dall’aiuto ai bambini in difficoltà all’impegno a favore dei poveri.
Nei secoli passati
Nei secoli passati l’attività del volontariato rappresentava un elemento ancor più importante; lo Stato centrale non forniva servizi sanitari o assistenziali e, al più, elargiva qualche contributo economico a quelle che allora non si chiamavano onlus, ma opere pie o di carità. Queste erano gestite per la quasi totalità dalla Chiesa, nel senso più lato del termine.
Ordini religiosi, enti parrocchiali e confraternite di laici curavano gli ammalati, sfamavano i più poveri, davano un tetto ai bambini orfani, ai trovatelli e non solo.
Le confraternite di laici dette i “Battuti”
Le confraternite di laici, riuniti sotto la protezione di un santo tutelare, erano più spesso note come “i Battuti”. Si trattava di associazioni di cristiani nate nel Medioevo con lo scopo di riscoprire il valore della preghiera e della penitenza, esercitando quest’ultima anche in modo crudo, ricorrendo cioè a flagellazioni, da cui il loro nome di battuti o flagellanti.
Presto queste confraternite associarono alla preghiera l’esercizio di opere di misericordia nei confronti dei più deboli. Anche nella nostra zona esistevano numerose confraternite. Bra ancora oggi ne conta due attive.
A Cherasco
A Cherasco, invece, da circa cinquant’anni le confraternite sono scomparse, ma per secoli hanno garantito servizi fondamentali per la vita della comunità.
La Confraternita dei Battuti neri ha gestito il Monte di pietà, il Monte granatico (prestito di granaglie), una casa per i malati di mente e persino l’assistenza ai condannati a morte.
Anche i Battuti bianchi, dal canto loro, non erano da meno, e per quattro secoli gestirono l’ospedale cheraschese, fornendo l’unica assistenza sanitaria che i poveri si potessero permettere. Tutte opere di carità che si finanziavano con la raccolta periodica di offerte e grazie ai lasciti di cittadini facoltosi, che prima di morire destinavano parte dei loro beni, mobili o immobili, alle confraternite.
Angela, la sposa ebrea
Tra le tante forme di indigenza, caratteristiche di secoli nei quali la gran parte della popolazione viveva in condizioni di povertà, vi era anche quella di ragazze prive di una pur minima dote e quindi condannate e restare zitelle. Così alcuni benefattori costituivano dei fondi appositamente per ragazze da marito molto povere. Uno di questi era gestito dai Battuti bianchi di Cherasco, che il 23 di maggio del 1677 si riuniscono per decidere riguardo a una richiesta un po’ diversa dal solito. Ad avanzarla è una nobildonna, la Contessa di Scalenghe, per perorare la causa di Angela, «figlia di Salomone Lattes, hebrea», la quale si dimostra «piena di bona volontà di abbandonare la legge hebrea» e dopo aver ricevuto il battesimo venire «sotto il stendardo di Gesù Cristo». È facile immaginare che la conversione agli occhi degli altri ebrei della sua comunità (il documento non dice da dove provenisse) avrebbe trasformato la ragazza in una traditrice del suo popolo e in un’emarginata; meglio quindi cambiare città. La Contessa di Scalenghe comunica che la giovane «deve gionger di giorno in giorno in questa città» e si premura di far sì che, dopo avere ricevuto il battesimo, la ragazza possa maritarsi. È necessario però fornirla «duna competente dotte» e la nobildonna chiede quindi alla Confraternita di elargire un contributo. Il verbale del Consiglio dei Battuti non lo dice, ma possiamo anche immaginare che in realtà la ragazza abbia già conosciuto e si sia innamorata di un ragazzo cristiano cheraschese e abbia deciso, per amor suo, di abbandonare la propria religione.
L’autorevole raccomandazione ha l’effetto desiderato e i confratelli, «tutti unanimi e concordi e nissuno di loro discrepante», accettano la richiesta della Contessa e deliberano di «dare detta elemosina alla suddetta Angela, fatta che sarà Christiana et al tempo di suo matrimonio la somma di lire cinquanta». I Battuti preferiscono però che la ricchezza cheraschese resti sul territorio e quindi aggiungono una postilla: la somma sarà di cinquanta lire «essendosi però a maritare in questa città e caso si maritasse fuori dalla città e suo territorio darli solamente la metà, cioè lire venticinque».
La carità sì, ma mai disgiunta dal pragmatismo subalpino e dalla buona amministrazione.
Diego Lanzardo